Blog

Che cos’è la vulvodinia?

Il dolore nella zona della vulva può essere dovuto ad un disordine specifico o può non avere una causa specifica né essere correlato ad altre problematiche, ed in questo caso parliamo di Vulvodinia.

Con il termine Vulvodinia si indica “un dolore cronico localizzato nell’area vulvare che supera i tre mesi o i sei mesi a seconda delle definizioni, senza una causa chiara e identificabile”.

In passato si pensava che si trattasse di un problema strettamente psicologico; al contrario, la Vulvodinia è stata poi indicata dalla comunità scientifica come una malattia caratterizzata da tanti fattori, ma senza una causa specifica.

Quando parliamo di Vulvodinia includiamo infatti tante condizioni cliniche vulvari, che possono avere diverse cause e caratteristiche, ma che hanno tutte un sintomo comune: dolore cronico, continuo o intermittente, spontaneo o provocato, e soprattutto invalidante.

Il dolore può anche manifestarsi in risposta ad uno stimolo tattile, inclusi un abbigliamento troppo stretto o la stimolazione fisica dell’area vulvare, in occasione del rapporto sessuale o della visita medica. Può essere generalizzata, o circoscritta all’area vestibolare, al clitoride, alla mucosa vicino all’uretra o a una zona limitata della vulva.

Inoltre, in occasione della festa della donna potrete incontrare alcuni membri del nostro staff e altro personale specializzato: l’evento è gratuito (partecipazione obbligatoriìa).

Chi soffre di vulvodinia?

La vulvodinia interessa donne di tutte le età e di ogni etnia, con incidenza dei sintomi maggiore nelle giovani donne di età compresa fra i 18 e i 25 anni.

Ne soffre inoltre ben il 4% delle donne fra i 45 e i 54 anni, e un altro 4% delle donne fra i 55 e i 64 anni.

Quali sono i tipi di vulvodinia?

 Possiamo distinguere, in base ai sintomi, tra:

  1. Vulvodinia provocata, se i sintomi sono avvertiti durante la penetrazione vaginale, lo sfregamento, oppure al solo contatto;
  2. Vulvodinia spontanea, quando il dolore è avvertito in modo costante, anche in assenza di fattori scatenanti;
  3. Mista (sia provocata sia spontanea).

Un’ulteriore distinzione si fa secondo l’area in cui si localizza:

  1. Vulvodinia generalizzata, quando il disturbo interessa l’area vulvare, il perineo e la zona perineale;
  2. Vestibulodinia o vestibolite vulvare, quando il dolore si concentra sul vestibolo vaginale (la parte compresa tra l’introito della vagina e le piccole labbra);
  3. Clitoridodinia, se la sensazione di dolore interessa il clitoride;
  4. Vulvodinia disestetica o essenziale, la forma più comune dopo la menopausa, che interessa la zona tra il retto e la zona uretrale, oltre che vulvare.

Come si vive con la vulvodinia?

 A causa della vulvodinia le pazienti sono spesso costrette a saltare giornate lavorative o scolastiche, spesso riferiscono un impatto negativo sul lavoro, sulle attività ricreative, o semplicemente sulla capacità di godersi la propria vita.

Spesso la paziente sente di “non avere il controllo sulla propria vita” a causa del dolore vulvare.

Il dolore vulvare cronico ha inoltre un impatto sulla vita sessuale, in maniera piuttosto importante: è causa spesso di interruzione o evitamento dei rapporti sessuali.

Tutto questo alza inevitabilmente i livelli di stress personale.

Le pazienti con vulvodinia hanno inoltre una probabilità maggiore di riportare condizioni mediche croniche come la sindrome da stanchezza complessiva cronica, la fibromialgia, la sindrome dell’intestino irritabile e la depressione.

Inoltre, queste pazienti spesso riferiscono mestruazioni irregolari, mestruazioni dolorose e sindrome premestruale. C’è poi maggiore probabilità di riportare infezioni del tratto urinario e infezioni da lieviti.

Quali sono i rimedi per la vulvodinia?

Avendo un’origine multifattoriale, l’approccio ideale è multidisciplinare.

Innanzitutto, vengono date alcune linee guida sullo stile di vita che la paziente dovrebbe adottare parallelamente alla fisioterapia:

  1. Per quanto riguarda la biancheria intima sarebbe preferibile l’utilizzo di biancheria in cotone non colorato in quanto questo materiale non intrappola l’umidità prevenendo quindi irritazioni, infezioni e reazioni allergiche.
  2. Si raccomanda l’utilizzo di indumenti comodi, quindi evitare collant o pantaloni troppo aderenti.
  3. L’utilizzo di detergenti intimi approvati dermatologicamente e ginecologicamente è fondamentale, evitare invece i prodotti per l’igiene femminile come creme e saponi profumati.
  4. Evitare di trattenere a lungo l’urina, in ogni caso è ottimale svuotare la vescica prima che sia completamente piena.
  5. Evitare il più possibile l’utilizzo di anestetici locali durante i rapporti, questo perché nell’atto si possono verificare delle microabrasioni della mucosa che aggraverebbero lo stato infiammatorio di base, nonché la proliferazione delle fibre dolorifiche e l’iperattività del muscolo elevatore dell’ano, che peggiorerebbe la contrazione difensiva restringendo ulteriormente l’introito vaginale.

In genere la rieducazione del pavimento pelvico prevede un ciclo minimo di 10 sedute a cadenza settimanale, dopodiché in base ai risultati raggiunti ci si accorda direttamente con il fisioterapista specializzato per il mantenimento dei risultati ottenuti.

La fisioterapia per questa patologia prevede un approccio vario: abbiamo la terapia manuale che va a lavorare tutti i trigger point interni e la forchetta vaginale, dove in genere si localizza di più il dolore, si effettua inoltre l’allungamento dei muscoli adduttori e dei principali muscoli del bacino, si riducono le tensioni fasciali dell’area del bacino e della pelvi, e si lavora sulla sinergia dei muscoli pelvici.

Per quanto riguarda la terapia strumentale invece, questa viene applicata tramite sonda vaginale, che è personale e inserita dalla paziente in totale autonomia e privacy,  e comprende:

  • TENS antalgica per il dolore;
  • Biofeedback.

La terapia si svolge in un ambiente adatto, con la giusta temperatura, e in cui la paziente deve sentirsi a proprio agio, motivo per cui non c’è entrata o uscita di persone che non siano la terapista o la paziente.

Per maggiori approfondimenti, consulta la terapia specifica, il pavimento pelvico, a questo link.

Dedicheremo una giornata alle donne il giorno 8 marzo 2023 nella Sala Elsa Morante a Colonna, parlando di alcune problematiche correlate: partecipa all’evento.

Benessere Donna

Cause principali della cellulite

La cellulite rappresenta una situazione di alterato metabolismo localizzato a livello del tessuto sottocutaneo, la quale determina un aumento delle dimensioni delle cellule adipose e una ritenzione idrica negli spazi intercellulari. Ma qual è la causa principale della cellulite? Analizziamo insieme tutte le possibili cause in questo articolo.

Quante volte abbiamo sentito dire che la causa primaria della cellulite sono gli ormoni femminili? Cosa significa questo in pratica?

Semplificando, gli ormoni sessuali femminili (progesterone ed estrogeni) fanno sì che si generi edema (accumulo di liquidi) generalizzato, che viene ulteriormente aggravato dal grasso sottocutaneo che concorre ad aggravare la stasi dell’edema. Questa situazione (edema ciclico), che si ripete ogni mese per anni, fa sì che questo liquido passi allo stato di gel, il gel genera fibrosi. La fibrosi fa contrarre la pelle (quasi “trascinandola” verso il basso) con annessi vasi sanguigni, linfatici e nervi, generando così la sclerosi che dà tipicamente dolore, anestesia e ipotermia (le zone con cellulite sono tipicamente “più fredde”).

Qiali altri fattori agiscono la cellulite, oltre a quelli ormonali?

Ecco altri fattori che agiscono sulla cellulite:

  • La “costituzione” (o meglio la morfologia costituzionale: la tipologia ginoide accumula più grasso su fianchi e gambe, quella androide accumula più grasso addominale)
  • Alimentazione
  • Alterazioni osteo articolari e posturali
  • Vita sedentaria
  • Utilizzo frequente di abiti troppo stretti
  • Utilizzo di ormoni
  • Alcool e tabacco
  • Utilizzo di calzature che limitano il movimento dei piedi (in particolare il primo dito del piede, fondamentale per un funzionamento adeguato della pompa linfatica dell’arto inferiore) *** (esercizi utili pe contrastare la cellulite? Scorri l’articolo…)
  • Stress protratto per lungo periodo

È vero che gli uomini non hanno la cellulite?

Premettendo che questa affermazione non è del tutto vera, tendenzialmente gli uomini sono meno predisposti per due motivi principali:

  1. Presenza esigua di estrogeni (no edema ricorrente)
  2. Nel tessuto adiposo sottocutaneo, a livello del quale si forma e resta intrappolato l’edema, sono presenti dei setti che separano le cellule adipose. Semplicemente nell’uomo questi setti sono obliqui, nella donna sono verticali, questo fa sì che sia più visibile l’inestetismo.

Quando “inizia” la cellulite?

Proprio per quanto sopra spiegato, possiamo affermare che la cellulite inizi col primo ciclo mestruale.

Se tale affermazione è vera, come mai la cellulite non regredisce con la menopausa?

In menopausa risulta esservi uno squilibrio di estrogeni e progesterone, che aggrava questo tipo di problematica.

Esistono anche degli stadi per classificare la cellulite. Ecco l’elenco:

  1. Stadio uno: edema
  2. Stadio due: edema gel
  3. Stadio tre: fibrosi

Altre classificazioni prevedono

  1. Stadio quattro: fibrosi avanzata
  2. Stadio cinque: sclerosi

Quali tipi di cellulite esistono? Ecco l’elenco:

  • Cellulite dura o consistente
  • Cellulite flaccida
  • Cellulite edematosa
  • Cellulite mista (molto comune)

Quali sono le metodologie per valutare la cellulite? Di seguito l’elenco:

  1. Ispezione e palpazione effettuati da un professionista esperto
  2. Termografia
  3. Ecografia
  4. Risonanza magnetica

Quali sono gli strumenti a disposizione nei nostri centri per combattere la cellulite?

Per combattere la cellulite, nei nostri centri, troverai efficaci e moderni strumenti utili per risolvere questa fastidiosa problematica:

Attenzione: NON è il singolo macchinario a garantire il risultato, ma la professionalità delloperatore, che saprà valutare ogni singola problematica individualmente. Applicando le giuste tecniche, utilizzando i corretti mezzi fisici, al momento giusto e opportunamente “dosati”, il professionista potrà accompagnare la paziente verso il miglior risultato auspicabile, abbinato ad un miglioramento dello stile di vita generale.

***Vi consigliamo, a tal proposito, due esercizi per aiutare il drenaggio della gamba:

  1. Procurarsi una pallina propriocettiva (foto in apertura del blog). Sedersi su una sedia. Posizionare la pallina sotto la pianta del piede. Portare in avanti, indietro e lateralmente il piede. Si possono anche fare dei movimenti di Rotazione. Tutti questi movimenti genereranno una sorta di auto massaggio utilizzando la pallina sottostante. Serve a migliorare la propriocezione del piede e a dare un input di stimolazione alla pompa linfatica della gamba.
  2. Procurarsi un panno di cotone (va bene anche un semplice asciugamani). Metterlo a terra ed esercitarsi ad afferrarlo con le dita del piede, cercando di utilizzare in particolare il primo dito. Questo migliorerà la coordinazione, la forza e la capacità di contrazione dei muscoli del piede, migliorando l’azione di pompaggio del sistema linfatico della gamba.

Soffri di cellulite? Contatta i nostri centri e prenota un appuntamento!

Clinica Estetica, Lo Sapevi che

DOLORE PATELLOFEMORALE

DOLORE ANTERIORE DEL GINOCCHIO – DOLORE PATELLOFEMORALE

Molto spesso nel nostro studio si presentano pazienti con uno dei disturbi più frequenti dal punto di vista muscolo-scheletrico ovvero un dolore localizzato nella porzione anteriore del ginocchio.

Questa situazione è estremamente comune ed è secondo soltanto al mal di schiena aspecifico, meglio conosciuto come Low Back Pain (se non ne hai mai sentito parlare dai un’occhiata al nostro articolo!).

MA COS’È IL DOLORE ANTERIORE DEL GINOCCHIO E DA COSA È CAUSATO?

Per andare ad analizzare questa situazione è bene che illustrare alcune strutture che compongono questa affascinante ma complessa articolazione.

Il ginocchio è una articolazione composta prevalentemente da tre ossa: la tibia, il femore e anteriormente dalla rotula.

Ciò che rende questa articolazione così affascinante è data dal fatto che nonostante sia così mobile è altrettanto resistente: è in grado, infatti, di flettersi ed estendersi in modo tale da permetterci di compiere i movimenti più disparati, il tutto assorbendo le sollecitazioni derivanti dal peso del corpo.

Ma cosa permette al ginocchio di essere così forte? La stabilizzazione del ginocchio è permessa, innanzitutto, dai legamenti.

I più conosciuti ed importanti sono: legamento patellare, che si estende dal suo bordo inferiore fino alla tibia. Posteriormente, invece, i legamenti poplitei obliquo e arcuato uniscono il femore alla tibia e al perone. Infine, i legamenti collaterali mediale e laterale connettono il femore e la tibia impedendo che il ginocchio si muova lateralmente verso l’interno o l’esterno del corpo, mentre i crociati prevengono l’estensione eccessiva del ginocchio (crociato anteriore) e impediscono alla tibia di muoversi posteriormente rispetto al femore (crociato posteriore).

MA DA COSA È CAUSATO QUINDI IL DOLORE FEMOROTULEO?

Il dolore davanti al ginocchio ha origine multifattoriale.

Le persone che praticano sport hanno una probabilità maggiore di sviluppare tale condizione ed è più frequente nelle donne.

È inoltre importare ricordare che circa il 6-7% degli adolescenti ha questo dolore e questa percentuale aumenta al 16-17% se fanno sport.

LE STRUTTURE CHE CAUSANO IL DOLORE POSSONO ESSERE:

  • Osso: in caso di artrosi piuttosto avanzata
  • Infiammazione del tendine rotuleo a seguito di eccessivi carichi o sollecitazioni: molto spesso si verifica quando l’allineamento tra la rotula e il ginocchio non è ottimale a causa di una eccessiva mobilità della rotula
  • Infiammazione del Corpo di Hoffa (fat pad): struttura poco conosciuta, localizzata nella parte posteriore della rotula ed estremamente sensibile a causa delle numerose terminazioni nervose che sono presenti nella zona.
  • Legamenti collaterali generalmente a seguito di traumi distorsivi: ad esempio durante la pratica dello sport
  • Lesioni meniscali
  • Anca: ebbene sì, anche problemi a livello dell’anca possono essere riferiti sottoforma di dolore che decorre lungo la coscia fino ad arrivare al ginocchio
  • Alterazioni nell’appoggio del piede

Anche problemi posturali possono interferire con la dinamica articolare del ginocchio e causare sovraccarichi.

È dimostrato, infatti, che i pazienti che presentano varismo, valgismo, piede piatto e pronato possono incorrere più facilmente in fastidi a livello del ginocchio.

Lo sapevi che…? La forza dell’anca e del tronco sono influenzate in maniera significativa dal dolore davanti al ginocchio? Si è registrato infatti che a seguito di tale condizione sull’anca i movimenti che risultano indeboliti sono rotazione esterna e abduzione; per quanto riguarda il tronco le persone hanno mediamente il 29 percento di forza in meno sul lato del dolore.

COSA FARE QUINDI?

Il nostro consiglio è quello di consultare uno specialista in merito sia esso un fisiatra, un ortopedico o fisioterapista per poter avere un inquadramento corretto della situazione in quanto, come abbiamo visto, le cause del dolore sono molte e spesso di difficile differenziazione.

Ciò che è importate sottolineare è che esistono numerose terapie efficaci contro questi fastidi che consentono di eliminare i suddetti fastidi.

Dal punto di vista fisioterapico, ad esempio, attraverso terapie fisiche strumentali, come laser e tecar, e specifici esercizi che puntano a gestire gli squilibri muscolari tipici di questa situazione.

Approfondimenti

I BASTONI CANADESI

COSA SONO I BASTONI CANADESI?

Un’idea di cosa sia un bastone canadese la abbiamo tutti! Servono come ausilio alla deambulazione.

Quello che probabilmente in pochi sanno è che esiste una differenza tra il portare i “bastoni” ed il portare le “stampelle”.

Le stampelle infatti prevedono un appoggio ascellare, che aiuta a sgravare il peso corporeo tramite lo scarico sulle spalle. Questo ausilio è sicuramente indicato per una persona che ha problemi di forza nelle braccia ma comporta molteplici problematiche a causa dello schiacciamento prolungato del cavo ascellare durante l’utilizzo.

Purtroppo infatti la pressione delle stampelle può causare disturbi muscolo-scheletrici, vascolari e linfatici poiché in questa zona decorrono vasi sanguigni e nervi molto importanti, e inoltre è sede dei linfonodi ascellari.

Per questi motivi è sempre meno frequente incontrare persone che utilizzano le stampelle!

I bastoni canadesi ovviano a questi problemi e sono quindi quelli più utilizzati al momento. Prevedono un appoggio antibrachiale (poco al di sopra del gomito posteriormente) e lo scarico del peso sull’impugnatura delle mani.  Inoltre la libertà delle spalle permette un numero maggiore di movimenti rispetto alle stampelle.

COME UTILIZZARE I BASTONI CANADESI

La prima cosa da fare quando si utilizzano dei bastoni canadesi è regolarne l’altezza: l’impugnatura deve essere sulla testa del femore (a livello del gran trocantere). La misurazione va presa ponendo il bastone al proprio fianco, ben puntato a terra. Una regolazione sbagliata verso l’alto o verso il basso può comportare nel tempo disturbi alla colonna ed un recupero non ottimale della postura durante il cammino.

Inoltre, per un corretto scarico del peso, occorre tenere presente che il gomito dovrà essere leggermente flesso durante l’utilizzo dei bastoni canadesi, in modo tale da formare un piccolo angolo tra il braccio e l’avambraccio.

Quando si utilizza un solo bastone canadese bisogna tenerlo dal lato opposto alla gamba infortunata in modo tale che il bastone riduca il carico su questa gamba e lo concentri invece sul lato forte del soggetto.

Esistono 3 schemi di cammino a seconda della situazione clinica del soggetto:

  • SCHEMA A (4 tempi):
  1. Portare avanti il bastone canadese del lato sano
  2. Avanzare con la gamba infortunata
  3. Portare avanti il bastone canadese del lato infortunato
  4. Avanzare con la gamba sana
  • SCHEMA B (3 tempi):
  1. Portare avanti entrambi i bastoni canadesi
  2. Avanzare con la gamba infortunata
  3. Avanzare con la gamba sana
  • SCHEMA C (2 tempi):
  1. Portare avanti il bastone canadese del lato sano + avanzare con la gamba infortunata
  2. Portare avanti il bastone canadese del lato infortunato + avanzare con la gamba sana

Oppure….

  1. Portare avanti entrambi i bastoni canadesi + avanzare con la gamba infortunata
  2. Avanzare con la gamba sana

Lo Schema A è il più sicuro perché scinde i movimenti della camminata ma ben presto il soggetto imparerà a passare allo Schema B, in cui è presente un ottimo compromesso tra stabilità e funzionalità. Lo Schema C verrà utilizzato soltanto dai soggetti che avranno raggiunto determinate competenze nell’ambito riabilitativo.

QUANDO UTILIZZARE I BASTONI CANADESI

  • Problemi di deambulazione
  • Problemi di equilibrio
  • Post-interventi chirurgici dell’arto inferiore (es. protesi d’anca) o del bacino
  • Post-infortuni arto inferiore (es. distorsioni, lesioni muscolari)
Approfondimenti

INULINA: IL NUTRIMENTO SANO PER L’INTESTINO

COSA FA L’INULINA?

  • migliora il benessere dell’intestino, nello specifico della cosiddetta “flora batterica” (microbiota intestinale)
  • favorisce una corretta evacuazione
  • diminuisce il meteorismo
  • contrasta le infiammazioni intestinali

PREBIOTICO O PROBIOTICO?

É un prebiotico: dà nutrimento ai batteri “buoni” naturalmente presenti nell’intestino.

Diversamente, i probiotici sono microrganismi che si dimostrano in grado di esercitare funzioni benefiche per il microbiota, purché ingeriti in adeguate quantità e tindalizzati.

L’inulina raggiunge facilmente l’intestino, in quanto non è digeribile: resiste infatti all’acido cloridrico presente nello stomaco e agli enzimi epatici e pancreatici arrivando inalterata a destinazione: prima al piccolo intestino, che ne digerisce una piccola parte, mentre la maggior parte arriva fino al colon, dove staziona e fermenta grazie al microbiota, che riesce così a nutrirsi.

Sembra essere, al tempo stesso, molto utile anche nel contrastare la proliferazione di batteri potenzialmente dannosi per la salute.

É ovviamente importantissima per ripristinare la corretta composizione della flora batterica intestinale in seguito all’assunzione di antibiotici.

COS’É L’INULINA?

Biochimicamente l’inulina è un oligosaccaride: uno zucchero semplice, ed è composta da molte unità di fruttosio che formano una lunga catena che termina con una molecola di glucosio.

É un oligosaccaride “non disponibile”: la sua non digeribilità le permette di avere un indice glicemico quasi nullo.

DOVE TROVIAMO L’INULINA?

É contenuta in circa 36 mila tipi di specie vegetali, in concentrazioni diverse.

Ne sono ricchi alcuni alimenti quali:

  • Tarassaco (cicoria)
  • Carciofo
  • Asparago
  • Tartufo bianco
  • Aglio
  • Banana
  • Agave
  • Cipolla
  • Porro
  • Topinambur
  • Carota
  • Barbabietola

QUALI PROPRIETÀ HA L’INULINA?

  • migliora la regolarità dell’alvo, aumentando la massa fecale.
  • Aumenta il numero di batteri “buoni” (eubiotici)
  • Sembra migliorare l’assorbimento intestinale di calcio, ferro, magnesio.
  • La sua fermentazione produce acidi grassi a catena corta (SCFAs) che influenzano le funzioni cognitive.
  • Può ridurre ipercolesterolemia, ipertrigliceridemia e iperglicemia, grazie all’attività metabolica.
  • Pur essendo uno zucchero non innalza la glicemia
  • Può avere proprietà protettive verso alcune patologie oncologiche
  • Sembra avere azione protettiva contro alcuni microrganismi patogeni
  • Diminuisce il pH intestinale, e quindi la sua acidità
Clinica Estetica

P.E.A.C.E. AND L.O.V.E.

Hai appena subìto un infortunio o un trauma a seguito di una caduta o di una distorsione?
Non sai come affrontare questo momento delicato e hai paura di peggiorare la situazione?
NIENTE PAURA: oggi parliamo di come affrontare la fase acuta dopo un infortunio.
Nel corso degli anni le ricerche scientifiche si sono chieste quale fosse la migliore strategia per gestire le lesioni dei tessuti molli in particolar modo nelle primissime fasi. Per aiutare i pazienti a memorizzare gli approcci più adeguati sono stati elaborati diversi acronimi come:
PRICE (Protezione – Riposo – Ghiaccio – Compressione – Elevazione)
POLICE (come il primo, ma il riposo assoluto è sostituito dal “Carico ottimale”)

PEACE AND LOVE
Polizia?! Ghiaccio?! Pace e amore!? Ma che significano esattamente questi acronimi? Vediamoli nel dettaglio!
Il protocollo più recente risale al 2019 ed è stato pubblicato dal British Journal of Sport Medicine, uno dei punti di riferimento del nostro settore. Questo protocollo afferma che il tuo tessuto a seguito di un trauma ha bisogno di PEACE and LOVE.

Secondo lo studio, nei primi 3-5 giorni dall’evento lesivo bisogna dedicarsi alla fase PEACE ovvero:
P (PROTECTION – PROTEZIONE). Nei primi giorni ridurre il movimento e il carico
sulla struttura lesionata risulta essere fondamentale per evitare che questa si aggravi ulteriormente. Attenzione il periodo di protezione deve durare solo qualche giorno e non protrarsi per periodi di tempo eccessivamente lunghi!!
E (ELEVATION). Portare l’arto più in alto rispetto al cuore promuove il ritorno venoso, velocizzando il riassorbimento dell’edema, e quindi il processo di guarigione.

A (AVOID ANTI-INFLAMMATORIES). In questa fase spesso si ricorre all’utilizzo di antinfiammatori. C’è anche da dire che alcune recenti ricerche scientifiche al riguardo scoraggiano l’impiego di tali farmaci in quanto diminuiscono e rallentano i fisiologici tempi di recupero e riparazione del tessuto lesionato.
C (COMPRESSION). Compressione, l’utilizzo di un bendaggio compressivo aiuterà il corpo a limitare l’edema.
E (EDUCATION) Il clinico deve istruire il paziente sui benefici di un recupero attivo e personalizzato

Successivamente si passa alla fase del LOVE:
L (LOAD) – CARICO. È ormai noto che il riposo prolungato sia controproducente, quindi non appena i tessuti e la sintomatologia lo consentono bisogna caricare i tessuti tramite esercizi che favoriscano la guarigione della lesione e impediscano la perdita di forza muscolare.
O (OPTIMISM) – OTTIMISMO. Paura del movimento, catastrofizzazione e depressione possono essere delle barriere nel recupero e nel trattamento, portando di conseguenza a peggiore prognosi e risultati più scarsi. Quindi…. SU CON IL MORALE!!
V (VASCULARISATION) – VASCOLARIZZAZIONE. Per favorire e promuovere il recupero della zona di lesione bisogna richiamare sangue. Quale modo migliore di farlo se non attraverso della sana attività cardiovascolare? Attenzione però questa non deve provocare dolore né sovraccaricare le strutture!
E (EXERCISE) – ESERCIZIO. Esercizio, esercizio ed ancora esercizio terapeutico! Le strutture muscolo-scheletriche ne hanno bisogno per recuperare mobilità e forza in modo da ridurre la probabilità di un nuovo infortunio.

Approfondimenti, Clinica Della Colonna, Lo Sapevi che

Sindrome del piriforme, la falsa sciatica

Che cos’è il piriforme?

Il piriforme è un muscolo profondo del bacino di forma triangolare (per questo viene anche chiamato “piramidale”). Origina dalla faccia interna dell’osso sacro, decorre nella regione glutea e si va ad inserire sul femore omolaterale, a livello del grande trocantere.

Cosa fa il piriforme

Oltre ad essere un importante stabilizzatore del bacino, esso ruota esternamente il femore quando l’anca è sotto ai 60° di flessione; oltre i 60° di flessione partecipa all’abduzione. Invertendo il “punto fisso” sul femore, partecipa invece alla retroversione del bacino.

Che cos’è la sindrome del piriforme?

Il piriforme si trova a strettissimo contatto con il nervo sciatico, per questo si può venire a generare quella che viene definita “sindrome del piriforme”: un insieme di segni e sintomi a carico di questo muscolo che può andare in spasmo o in forte contrattura o accorciamento, e di conseguenza generare sofferenza del nervo sciatico (o ischiatico) che gli passa a così stretto contatto.

Quali sono i sintomi della sindrome del piriforme?

  • Dolore profondo nella zona del gluteo, che può irradiarsi in alto nella zona lombare oppure in basso lungo la gamba.
  • Formicolio, intorpidimento o bruciore nella zona del gluteo, che può scendere lungo la gamba e arrivare occasionalmente fino al piede.
  • Lo spasmo del piriforme potrebbe anche interessare un altro nervo: il pudendo, che innerva i muscoli viscerali e la vescica. In questo caso si possono manifestare dolore, formicolii e intorpidimento all’inguine, fino alle incontinenze urinaria e fecale nei casi più seri.
  • Limitazione dei movimenti dell’anca.

Si parla di falsa sciatica perché la maggior parte dei sintomi della sindrome del piriforme sono simili a quelli della lombosciatalgia, nella quale c’è invece compressione della radice del nervo a livello lombare.

Quali sono le cause?

  • Traumi nella regione glutea
  • Movimenti bruschi che provocano stiramento del piriforme
  • Alterazioni posturali che portano in spasmo il muscolo
  • Alterazioni strutturali a livello delle ossa del bacino, dell’anca o degli arti inferiori
  • Sollecitazioni ripetute per molto tempo (ad esempio in alcuni sport come il canottaggio o il ciclismo)
  • Interventi chirurgici nella zona del bacino (es. protesi d’anca) o nella zona addominale

Di solito attività come camminare molto, fare squat, correre, stare molto tempo seduti, specialmente con le gambe accavallate… possono aumentare il dolore.

UN CONSIGLIO: NON PORTARE il portafoglio nella tasca posteriore dei pantaloni!!
La compressione che viene generata dal portafoglio sullo sciatico stando molto tempo seduti può spesso essere causa di quella che viene definita “nevrite da portafoglio”

Quali sono i rimedi?
Molto spesso la fisioterapia è fondamentale per venir fuori da questo tipo di situazione. I mezzi fisici più utilizzati per diminuire l’infiammazione sono tecnologie di ultima generazione come il laser ad alta potenza nella fase acuta; tecar, ipertermia e onde d’urto sono anch’esse spesso molto utili.
Si utilizzano inoltre specifiche terapie manuali, esercizio terapeutico (in particolare esercizi di allungamento muscolare mirati) e rieducazione posturale.

Sindrome del piriforme: un esercizio che può aiutarti
Sdraiati in posizione supina, preferibilmente a terra su un tappetino.
Porta il ginocchio della parte che ti fa male verso la pancia e tira leggermente verso il petto, finché inizi a sentire una lieve tensione muscolare e aspetta qualche secondo che il gluteo inizi ad allungarsi e distendersi;
a questo punto lascia la mano omolaterale sul ginocchio e quella controlaterale falla scivolare verso la caviglia. Se non ci arrivi bene puoi aiutarti con un elastico o una cinta.
Adesso inizia a portare il ginocchio verso la spalla controlaterale finché riesci a mantenere il bacino appoggiato a terra; ora inizia a portare un po’ anche la caviglia in direzione della spalla controlaterale, finché avverti una leggera tensione (sempre molto sopportabile) nella zona laterale del gluteo. Andremo in questo modo ad allungare sia il piriforme che il medio gluteo.
Mantieni la posizione per almeno 40 secondi, riposa un minuto e ripeti da 3 a 5 volte.
2 accortezze: mantieni il fianco della gamba piegata sempre “lungo” (ti aiuta avere sempre la sensazione di spingere questo gluteo verso il piede della gamba distesa a terra), e ricorda di mantenere il bacino ben appoggiato a terra.

Approfondimenti, Clinica Della Colonna, Lo Sapevi che

ORARI GROTTAFERRATA

  • Lunedì - Mercoledì - Venerdì 9/13-15/20
  • Martedì - Giovedì 9-21
  • Sabato - Domenica Chiuso

ORARI COLONNA

  • Lunedì - Venerdì 9-21
  • Sabato 09-13
  • Domenica Chiuso