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I BASTONI CANADESI

COSA SONO I BASTONI CANADESI?

Un’idea di cosa sia un bastone canadese la abbiamo tutti! Servono come ausilio alla deambulazione.

Quello che probabilmente in pochi sanno è che esiste una differenza tra il portare i “bastoni” ed il portare le “stampelle”.

Le stampelle infatti prevedono un appoggio ascellare, che aiuta a sgravare il peso corporeo tramite lo scarico sulle spalle. Questo ausilio è sicuramente indicato per una persona che ha problemi di forza nelle braccia ma comporta molteplici problematiche a causa dello schiacciamento prolungato del cavo ascellare durante l’utilizzo.

Purtroppo infatti la pressione delle stampelle può causare disturbi muscolo-scheletrici, vascolari e linfatici poiché in questa zona decorrono vasi sanguigni e nervi molto importanti, e inoltre è sede dei linfonodi ascellari.

Per questi motivi è sempre meno frequente incontrare persone che utilizzano le stampelle!

I bastoni canadesi ovviano a questi problemi e sono quindi quelli più utilizzati al momento. Prevedono un appoggio antibrachiale (poco al di sopra del gomito posteriormente) e lo scarico del peso sull’impugnatura delle mani.  Inoltre la libertà delle spalle permette un numero maggiore di movimenti rispetto alle stampelle.

COME UTILIZZARE I BASTONI CANADESI

La prima cosa da fare quando si utilizzano dei bastoni canadesi è regolarne l’altezza: l’impugnatura deve essere sulla testa del femore (a livello del gran trocantere). La misurazione va presa ponendo il bastone al proprio fianco, ben puntato a terra. Una regolazione sbagliata verso l’alto o verso il basso può comportare nel tempo disturbi alla colonna ed un recupero non ottimale della postura durante il cammino.

Inoltre, per un corretto scarico del peso, occorre tenere presente che il gomito dovrà essere leggermente flesso durante l’utilizzo dei bastoni canadesi, in modo tale da formare un piccolo angolo tra il braccio e l’avambraccio.

Quando si utilizza un solo bastone canadese bisogna tenerlo dal lato opposto alla gamba infortunata in modo tale che il bastone riduca il carico su questa gamba e lo concentri invece sul lato forte del soggetto.

Esistono 3 schemi di cammino a seconda della situazione clinica del soggetto:

  • SCHEMA A (4 tempi):
  1. Portare avanti il bastone canadese del lato sano
  2. Avanzare con la gamba infortunata
  3. Portare avanti il bastone canadese del lato infortunato
  4. Avanzare con la gamba sana
  • SCHEMA B (3 tempi):
  1. Portare avanti entrambi i bastoni canadesi
  2. Avanzare con la gamba infortunata
  3. Avanzare con la gamba sana
  • SCHEMA C (2 tempi):
  1. Portare avanti il bastone canadese del lato sano + avanzare con la gamba infortunata
  2. Portare avanti il bastone canadese del lato infortunato + avanzare con la gamba sana

Oppure….

  1. Portare avanti entrambi i bastoni canadesi + avanzare con la gamba infortunata
  2. Avanzare con la gamba sana

Lo Schema A è il più sicuro perché scinde i movimenti della camminata ma ben presto il soggetto imparerà a passare allo Schema B, in cui è presente un ottimo compromesso tra stabilità e funzionalità. Lo Schema C verrà utilizzato soltanto dai soggetti che avranno raggiunto determinate competenze nell’ambito riabilitativo.

QUANDO UTILIZZARE I BASTONI CANADESI

  • Problemi di deambulazione
  • Problemi di equilibrio
  • Post-interventi chirurgici dell’arto inferiore (es. protesi d’anca) o del bacino
  • Post-infortuni arto inferiore (es. distorsioni, lesioni muscolari)
Approfondimenti

INULINA: IL NUTRIMENTO SANO PER L’INTESTINO

COSA FA L’INULINA?

  • migliora il benessere dell’intestino, nello specifico della cosiddetta “flora batterica” (microbiota intestinale)
  • favorisce una corretta evacuazione
  • diminuisce il meteorismo
  • contrasta le infiammazioni intestinali

PREBIOTICO O PROBIOTICO?

É un prebiotico: dà nutrimento ai batteri “buoni” naturalmente presenti nell’intestino.

Diversamente, i probiotici sono microrganismi che si dimostrano in grado di esercitare funzioni benefiche per il microbiota, purché ingeriti in adeguate quantità e tindalizzati.

L’inulina raggiunge facilmente l’intestino, in quanto non è digeribile: resiste infatti all’acido cloridrico presente nello stomaco e agli enzimi epatici e pancreatici arrivando inalterata a destinazione: prima al piccolo intestino, che ne digerisce una piccola parte, mentre la maggior parte arriva fino al colon, dove staziona e fermenta grazie al microbiota, che riesce così a nutrirsi.

Sembra essere, al tempo stesso, molto utile anche nel contrastare la proliferazione di batteri potenzialmente dannosi per la salute.

É ovviamente importantissima per ripristinare la corretta composizione della flora batterica intestinale in seguito all’assunzione di antibiotici.

COS’É L’INULINA?

Biochimicamente l’inulina è un oligosaccaride: uno zucchero semplice, ed è composta da molte unità di fruttosio che formano una lunga catena che termina con una molecola di glucosio.

É un oligosaccaride “non disponibile”: la sua non digeribilità le permette di avere un indice glicemico quasi nullo.

DOVE TROVIAMO L’INULINA?

É contenuta in circa 36 mila tipi di specie vegetali, in concentrazioni diverse.

Ne sono ricchi alcuni alimenti quali:

  • Tarassaco (cicoria)
  • Carciofo
  • Asparago
  • Tartufo bianco
  • Aglio
  • Banana
  • Agave
  • Cipolla
  • Porro
  • Topinambur
  • Carota
  • Barbabietola

QUALI PROPRIETÀ HA L’INULINA?

  • migliora la regolarità dell’alvo, aumentando la massa fecale.
  • Aumenta il numero di batteri “buoni” (eubiotici)
  • Sembra migliorare l’assorbimento intestinale di calcio, ferro, magnesio.
  • La sua fermentazione produce acidi grassi a catena corta (SCFAs) che influenzano le funzioni cognitive.
  • Può ridurre ipercolesterolemia, ipertrigliceridemia e iperglicemia, grazie all’attività metabolica.
  • Pur essendo uno zucchero non innalza la glicemia
  • Può avere proprietà protettive verso alcune patologie oncologiche
  • Sembra avere azione protettiva contro alcuni microrganismi patogeni
  • Diminuisce il pH intestinale, e quindi la sua acidità
Clinica Estetica

P.E.A.C.E. AND L.O.V.E.

Hai appena subìto un infortunio o un trauma a seguito di una caduta o di una distorsione?
Non sai come affrontare questo momento delicato e hai paura di peggiorare la situazione?
NIENTE PAURA: oggi parliamo di come affrontare la fase acuta dopo un infortunio.
Nel corso degli anni le ricerche scientifiche si sono chieste quale fosse la migliore strategia per gestire le lesioni dei tessuti molli in particolar modo nelle primissime fasi. Per aiutare i pazienti a memorizzare gli approcci più adeguati sono stati elaborati diversi acronimi come:
PRICE (Protezione – Riposo – Ghiaccio – Compressione – Elevazione)
POLICE (come il primo, ma il riposo assoluto è sostituito dal “Carico ottimale”)

PEACE AND LOVE
Polizia?! Ghiaccio?! Pace e amore!? Ma che significano esattamente questi acronimi? Vediamoli nel dettaglio!
Il protocollo più recente risale al 2019 ed è stato pubblicato dal British Journal of Sport Medicine, uno dei punti di riferimento del nostro settore. Questo protocollo afferma che il tuo tessuto a seguito di un trauma ha bisogno di PEACE and LOVE.

Secondo lo studio, nei primi 3-5 giorni dall’evento lesivo bisogna dedicarsi alla fase PEACE ovvero:
P (PROTECTION – PROTEZIONE). Nei primi giorni ridurre il movimento e il carico
sulla struttura lesionata risulta essere fondamentale per evitare che questa si aggravi ulteriormente. Attenzione il periodo di protezione deve durare solo qualche giorno e non protrarsi per periodi di tempo eccessivamente lunghi!!
E (ELEVATION). Portare l’arto più in alto rispetto al cuore promuove il ritorno venoso, velocizzando il riassorbimento dell’edema, e quindi il processo di guarigione.

A (AVOID ANTI-INFLAMMATORIES). In questa fase spesso si ricorre all’utilizzo di antinfiammatori. C’è anche da dire che alcune recenti ricerche scientifiche al riguardo scoraggiano l’impiego di tali farmaci in quanto diminuiscono e rallentano i fisiologici tempi di recupero e riparazione del tessuto lesionato.
C (COMPRESSION). Compressione, l’utilizzo di un bendaggio compressivo aiuterà il corpo a limitare l’edema.
E (EDUCATION) Il clinico deve istruire il paziente sui benefici di un recupero attivo e personalizzato

Successivamente si passa alla fase del LOVE:
L (LOAD) – CARICO. È ormai noto che il riposo prolungato sia controproducente, quindi non appena i tessuti e la sintomatologia lo consentono bisogna caricare i tessuti tramite esercizi che favoriscano la guarigione della lesione e impediscano la perdita di forza muscolare.
O (OPTIMISM) – OTTIMISMO. Paura del movimento, catastrofizzazione e depressione possono essere delle barriere nel recupero e nel trattamento, portando di conseguenza a peggiore prognosi e risultati più scarsi. Quindi…. SU CON IL MORALE!!
V (VASCULARISATION) – VASCOLARIZZAZIONE. Per favorire e promuovere il recupero della zona di lesione bisogna richiamare sangue. Quale modo migliore di farlo se non attraverso della sana attività cardiovascolare? Attenzione però questa non deve provocare dolore né sovraccaricare le strutture!
E (EXERCISE) – ESERCIZIO. Esercizio, esercizio ed ancora esercizio terapeutico! Le strutture muscolo-scheletriche ne hanno bisogno per recuperare mobilità e forza in modo da ridurre la probabilità di un nuovo infortunio.

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Sindrome del piriforme, la falsa sciatica

Che cos’è il piriforme?

Il piriforme è un muscolo profondo del bacino di forma triangolare (per questo viene anche chiamato “piramidale”). Origina dalla faccia interna dell’osso sacro, decorre nella regione glutea e si va ad inserire sul femore omolaterale, a livello del grande trocantere.

Cosa fa il piriforme

Oltre ad essere un importante stabilizzatore del bacino, esso ruota esternamente il femore quando l’anca è sotto ai 60° di flessione; oltre i 60° di flessione partecipa all’abduzione. Invertendo il “punto fisso” sul femore, partecipa invece alla retroversione del bacino.

Che cos’è la sindrome del piriforme?

Il piriforme si trova a strettissimo contatto con il nervo sciatico, per questo si può venire a generare quella che viene definita “sindrome del piriforme”: un insieme di segni e sintomi a carico di questo muscolo che può andare in spasmo o in forte contrattura o accorciamento, e di conseguenza generare sofferenza del nervo sciatico (o ischiatico) che gli passa a così stretto contatto.

Quali sono i sintomi della sindrome del piriforme?

  • Dolore profondo nella zona del gluteo, che può irradiarsi in alto nella zona lombare oppure in basso lungo la gamba.
  • Formicolio, intorpidimento o bruciore nella zona del gluteo, che può scendere lungo la gamba e arrivare occasionalmente fino al piede.
  • Lo spasmo del piriforme potrebbe anche interessare un altro nervo: il pudendo, che innerva i muscoli viscerali e la vescica. In questo caso si possono manifestare dolore, formicolii e intorpidimento all’inguine, fino alle incontinenze urinaria e fecale nei casi più seri.
  • Limitazione dei movimenti dell’anca.

Si parla di falsa sciatica perché la maggior parte dei sintomi della sindrome del piriforme sono simili a quelli della lombosciatalgia, nella quale c’è invece compressione della radice del nervo a livello lombare.

Quali sono le cause?

  • Traumi nella regione glutea
  • Movimenti bruschi che provocano stiramento del piriforme
  • Alterazioni posturali che portano in spasmo il muscolo
  • Alterazioni strutturali a livello delle ossa del bacino, dell’anca o degli arti inferiori
  • Sollecitazioni ripetute per molto tempo (ad esempio in alcuni sport come il canottaggio o il ciclismo)
  • Interventi chirurgici nella zona del bacino (es. protesi d’anca) o nella zona addominale

Di solito attività come camminare molto, fare squat, correre, stare molto tempo seduti, specialmente con le gambe accavallate… possono aumentare il dolore.

UN CONSIGLIO: NON PORTARE il portafoglio nella tasca posteriore dei pantaloni!!
La compressione che viene generata dal portafoglio sullo sciatico stando molto tempo seduti può spesso essere causa di quella che viene definita “nevrite da portafoglio”

Quali sono i rimedi?
Molto spesso la fisioterapia è fondamentale per venir fuori da questo tipo di situazione. I mezzi fisici più utilizzati per diminuire l’infiammazione sono tecnologie di ultima generazione come il laser ad alta potenza nella fase acuta; tecar, ipertermia e onde d’urto sono anch’esse spesso molto utili.
Si utilizzano inoltre specifiche terapie manuali, esercizio terapeutico (in particolare esercizi di allungamento muscolare mirati) e rieducazione posturale.

Sindrome del piriforme: un esercizio che può aiutarti
Sdraiati in posizione supina, preferibilmente a terra su un tappetino.
Porta il ginocchio della parte che ti fa male verso la pancia e tira leggermente verso il petto, finché inizi a sentire una lieve tensione muscolare e aspetta qualche secondo che il gluteo inizi ad allungarsi e distendersi;
a questo punto lascia la mano omolaterale sul ginocchio e quella controlaterale falla scivolare verso la caviglia. Se non ci arrivi bene puoi aiutarti con un elastico o una cinta.
Adesso inizia a portare il ginocchio verso la spalla controlaterale finché riesci a mantenere il bacino appoggiato a terra; ora inizia a portare un po’ anche la caviglia in direzione della spalla controlaterale, finché avverti una leggera tensione (sempre molto sopportabile) nella zona laterale del gluteo. Andremo in questo modo ad allungare sia il piriforme che il medio gluteo.
Mantieni la posizione per almeno 40 secondi, riposa un minuto e ripeti da 3 a 5 volte.
2 accortezze: mantieni il fianco della gamba piegata sempre “lungo” (ti aiuta avere sempre la sensazione di spingere questo gluteo verso il piede della gamba distesa a terra), e ricorda di mantenere il bacino ben appoggiato a terra.

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Esercizi Propriocettivi

Che cos’è la propriocezione?

In neurofisiologia, per “propriocezione” si intende l’insieme delle informazioni ricevute dal sistema nervoso centrale relativamente alla posizione del proprio corpo e dei vari segmenti corporei nello spazio quando si è immobili; durante il movimento viene più propriamente utilizzato il termine di “cinestesia”.
Esistono diversi tipi di propriocettori (recettori cutanei, muscolari, tendinei, articolari, ecc.) deputati a raccogliere informazioni di varia natura (ad es. lo stato di contrazione di determinate fibre muscolari, la pressione esercitata all’interno di un’articolazione, lo stato di tensione di uno specifico legamento, la pressione esercitata dalla compressione della pelle su varie superfici…) che permettono al
cervello di determinare in ogni momento l’orientamento di ogni singola parte del nostro corpo nello spazio e i reciproci rapporti tra loro. Ciò è particolarmente importante nella dinamica del movimento che andiamo a compiere, poiché senza essere informato costantemente sulla nostra posizione nello spazio il sistema nervoso centrale non sarebbe in grado di generare movimenti coerenti e organizzati, ma soprattutto non lesivi per il sistema muscolo-scheletrico.

Che cos’è l’equilibrio

Strettamente legato al concetto di propriocezione è quello di “equilibrio”. Affinché il nostro corpo non si sbilanci, sia nello stato di quiete che durante il movimento, il sistema nervoso centrale integra costantemente le informazioni che provengono dai propriocettori con quelle che arrivano dall’ambiente esterno (raccolte tramite organi di senso specifici come gli occhi e il sistema vestibolare dell’orecchio interno), permettendoci di muoverci e adattarci ad ogni condizione ed eventualmente correggere e tarare adeguatamente il movimento stesso, quando necessario (ad es. evitare un ostacolo improvviso o alzare la guardia per evitare un colpo).

Quando servono gli esercizi propriocettivi

Un allenamento specifico per la propriocezione e l’equilibrio è indispensabile sia negli atleti, i cui gesti devono avvicinarsi spesso alla perfezione sia per il conseguimento di grandi risultati che per evitare infortuni di vario genere, sia in tutti quei pazienti che presentano un deficit della fisiologia del movimento. Deficit che possono essere attribuibili a varie condizioni: patologie a carico del sistema nervoso centrale (ad es. ictus, sclerosi multipla, parkinson, ecc.) o di quello muscolo- scheletrico (ad es. traumi articolari, esiti di interventi chirurgici a tendini o legamenti, ecc.). In ognuna di queste condizioni la fisioterapia riveste un ruolo fondamentale sia per il recupero funzionale della parte lesa che, più in generale, del sistema propriocettivo e di equilibrio. È, infatti, impensabile che un paziente
recuperi completamente il movimento di un’articolazione senza avere la piena consapevolezza di come essa sia orientata nello spazio e, in generale, senza averne il completo controllo, sia in posture statiche che dinamiche.

COME SI SVOLGONO GLI ESERCIZI PROPRIOCETTIVI?
Il fisioterapista costruisce l’esercizio terapeutico in modo molto specifico, servendosi di materiali di ogni genere e allestendo il setting di lavoro nella maniera più idonea per un recupero quanto più rapido e sicuro possibile. Facciamo l’esempio di un paziente che abbia subito un trauma distorsivo alla caviglia, al ginocchio o all’anca. L’articolazione diventerà instabile in quanto non sarà più stabilizzata in modo efficace dal proprio sistema legamentoso, diventato lasso e poco resistente, tenderà
a cedere e a pregiudicare l’equilibrio del paziente durante la deambulazione o l’attività sportiva. Gli stessi recettori podalici vengono compromessi dopo un periodo di immobilità o mancanza di carico sull’arto inferiore. Il paziente va quindi innanzi tutto rieducato nella percezione dell’articolazione nello spazio sia con esercizi fuori carico che in carico, sia statici che dinamici, in posizione bipodalica e successivamente monopodalica (su un piede solo), per rinforzare quanto più possibile la muscolatura affinché possa garantire una maggiore stabilità articolare, e i recettori podalici e le altre strutture tendinee e legamentose possano ritrovare la loro normale funzionalità. Inoltre gli stessi esercizi possono essere resi più allenanti utilizzando superfici d’appoggio diversificate (tappeti di varia consistenza come i Synergy Mat, pedane instabili di diverse forme e consistenze, ecc.) così da fornire stimoli sempre maggiori alla muscolatura e al sistema nervoso centrale, migliorando considerevolmente l’equilibrio del paziente.

TECNOLOGIA SYNERGY MAT

All’interno di questo approfondimento, abbiamo parlato di Synergy Mat, ma a cosa fa riferimento? Synergy Mat è la risposta rivoluzionaria alle esigenze di allenamento, riabilitazione e rieducazione naturale del corpo, che stimola in modo naturale l’attività dei recettori nervosi (propriocettori).: clicca qui e consulta tutte le informazioni su questa tecnologia.

Appr. SynergyMat, Approfondimenti, Lo Sapevi che

Trattamento Physio TT

Siete pronti a trasformare il grasso in energia?

Vieni a scoprire il trattamento PhysioTT, lo strumento per il benessere e il recupero della forma fisica! Grazie alla tecnologia Human Tecar, il metabolismo si attiva e già con poche sedute il tessuto adiposo viene sciolto e trasformato in energia.

Cos’è PhysioTT?

Human Tecar PhysioTT è la fisioterapia dedicata al benessere e al recupero della forma fisica, un trattamento piacevole e rilassante per il dimagrimento localizzato. Agisce sulle zone adipose interessante a livelli fisiologici (37° e 38°), attivando gli enzimi naturali che, nel corpo, trasformano il grasso in energia disponibile rapidamente.
Human Tecar PhysioTT è uno stimolatore elettromagnetico per la micrococircolazione, ch utilzza fasce termiche che servono per modulare fisiologicamente il microclima provocato su deteminate aree del corpo.

Il funzionamento di PhysioTT

Human Tecar PhysioTT prevede sette tipologie di fasce termiche distinte, ognuna delle quali controllata da uno o due microprocessori: queste fasce sono collegate ad un’unità di controllo che regola l’intensità e diffonde omogeneamente un leggero ed efficace calore su vaste aree del corpo, attraverso l’emissione di un segnale infrarosso a 1400 nanometri circa. Attraverso la sollecitazione, il nostro organismo aumenta la circolazione sanguigna segmentale, incrementando il metabolismo in modo fisiologico.
I vantaggi

Il microclima a temperatura controllata, sviluppato con l’impiego della strumentazione di Human Tecar PhysioTT, produce numerosi benefici per l’attività muscolare e la microcircolazione. Di seguito elenchiamo alcuni vantaggi:

    • Effetto termico, tradotto come rilassamento muscolare.
    • Effetto antalgico, in quanto vengono eliminati i cataboliti prodotti dai tessuti.
    • Effetto trofico, con apporto di sostanze nutritive e di ossigeno nei tessuti.

Scopri di più sul nostro trattamento PhysioTT e i pacchetti disponibili presso i nostri Centri.

Clinica Estetica, Lo Sapevi che

La cellulite

La cellulite o PEFS (Panniculopatia Edemato Fibro Sclerotica)

La cellulite è caratterizzata da ipertrofia delle cellule adipose, tra le quali si vanno ad accumulare liquidi in eccesso.

Si ha quindi un rallentamento del flusso sanguigno, a causa in particolare dell’alterazione dei sistemi venoso e linfatico. La conseguente stasi di liquidi, si presenta tipicamente con la cosiddetta “pelle a buccia d’arancia”.

Colpisce quasi il 90% delle donne, ed è particolarmente evidente nelle zone più sensibili all’azione degli estrogeni: cosce, fianchi e glutei, ma può essere presente anche su braccia e polpacci.

Si instaura nell’ipoderma, zona prevalentemente adiposa sotto al derma. Le cellule adipose aumentando di volume trattengono i liquidi mentre il metabolismo tra gli spazi intercellulari incontra difficoltà. Il mancato drenaggio determina stasi e infiammazione locale. I trigliceridi fuoriescono e si insinuano tra i tessuti fino a formare una massa compatta che va ad alterare struttura e metabolismo dei tessuti coinvolti (generando la cosiddetta lipodistrofia). La conseguente compressione del tessuto connettivo si ripercuote sui vasi sanguigni (portando un blocco metabolico e abbassamento della temperatura locale) e sulle terminazioni nervose provocando dolore.

Come mai un centro di fisioterapia si occupa di un problema “estetico”?

Come già spiegato, il problema estetico è la manifestazione di una vera e propria patologia. Andando ad intervenire sul problema circolatorio, migliora l’aspetto patologico e di conseguenza anche l’aspetto estetico.

Trattandosi, appunto, di una patologia, chi meglio di un operatore sanitario è competente?

Distinguiamo almeno 4 tipi di cellulite o PEFS:

  1. Compatta o dura: frequente nelle donne giovani, risulta dolente alla palpazione e l’aspetto “a buccia d’arancia” si evidenzia andando a comprimere manualmente.
  2. Molle. Più frequente dopo i 45/50 anni di età, è caratterizzata da tessuti ipotonici e fluttuazione di questi tessuti durante il movimento. L’aspetto “a buccia d’arancia” è particolarmente evidente.
  3. Edematosa. Caratterizza solitamente gli stadi iniziali della cellulite. È tipicamente piuttosto dolente alla palpazione o alla compressione, ed è conseguenza del problema circolatorio.
  4. Mista. Quando si hanno più tipi di cellulite in una stessa persona.
Clinica Estetica, Lo Sapevi che

ORARI GROTTAFERRATA

  • Lunedì - Mercoledì - Venerdì 9/13-15/20
  • Martedì - Giovedì 9-21
  • Sabato - Domenica Chiuso

ORARI COLONNA

  • Lunedì - Venerdì 9-21
  • Sabato 09-13
  • Domenica Chiuso